giovedì 3 maggio 2012

Un quotidiano di un villaggio (del Nepal)


Un villaggio, una famiglia (nepalese).. che t'importuna e che ti consiglia (senza apparenti offese).

Un villaggio, abitato da ormai noti ed amichevoli volti, da sorrisi di bambini che mi tengono in esso ostaggio.
Una famiglia di indefinite persone, che ti cercano sempre e ti danno fin troppa attenzione, lasciandoti pochi momenti per la personale concentrazione o per dedicarsi alla meditazione.
Tutto questo però è un buon allenamento, trovare la pace e la concentrazione in questo ambiente caotico, ma comunque sereno e contento.
Dalle prime luci del giorno qualcuno ti cerca, ti osserva e soprattutto t'importuna, in una situazione di risveglio sensoriale; con poco tatto, cercano di stabilire un contatto, di richiedere la tua presenza animatoriale, con con un emotivo distacco che gli impedisce di comprendere che non è la situazione opportuna. 
Fin dalla prima mattina inizia la vita collettiva del villaggio, è impossibile stare da solo, tipo una persecuzione mascherata con la buona intenzione di volerti nutrire, curare, quando in realtà non c'è niente da fare, mi so autosostentare, e non necessito questa comitiva di persone che mi circonda e mi richiede a tutte le ore, mi desidera in mille posti diversi o a presiedere le più disparate situazioni e ciò mi porta alla deriva, mi cartavetra i marroni.
E' proprio uno sfregamento doloroso su una parte sensibile, è quell'attimo di pace che attendo ma è inattendibile, irraggiungibile senza il distacco da schematiche fisse, quelle che in 20 anni di abitudinaria vita in europa, nella testa mi sono state messe.
A parte questo sentimento, che sovente anima il tempo diurno, arriva poi la sera ed infine il piacere del tranquillo notturno.
Dal tramonto ogni famiglia si estranea dal resto del villaggio, si rinchiude nel proprio spazio, usualmente violato solo per la condivisione di un problema o di un assaggio della cena, proveniente dall'altra cella della stessa galera o per descrivere un miraggio, dall'altra casa dello stesso villaggio. Solitamente poi ci si ritrova in pochi individui, ciascuno rinchiuso nel suo personaggio, a discutere di diversi quesiti e questioni, memorie e ambizioni, ma il più delle volte di maritaggio e discorsi castisti derivanti da una cultura venerante il lignaggio. (Per fare una parentesi questo sembra uno degli argomenti preferiti, non solo di questa famiglia o di questo villaggio, ma di quasi tutte le persone incontrate in ogni dove in questo viaggio in Nepal.) 
La sera è quasi sempre una panacea, ci si ritrova in un'accogliente ed aperta cucina, dove mentre si prepara la cena e si taglia la verdura qualcuno sempre s'intromette e s'infiltra, ma dopo il tramonto non è più una tortura.
Dopo il classico pasto preparato e poi tutti assieme consumato, abitualmente mi dedico o al disegno o alla scrittura, la materiale stesura di idee o progetti di varia natura. In alternativa mi dedico ad una particolare forma di meditazione definibile come l'immobile fissazione del soffitto, senza nessun traguardo da raggiungere, quindi fermo e zitto.
La sera posso permettermi questo lusso della solitudine giacché per i nepalesi andare a dormire presto è una consuetudine.
E mentre mi godo il lusso sfrenato ripenso, alla giornata trascorsa tra sensazioni di ogni genere ed il regalo immenso che quotidianamente mi viene donato, specialmente da questi ragazzini dalle carni ed abitudini tenere. E' sempre un momento intenso e che dona conforto assieme al giusto apporto di sorriso, per chiudere gli occhi, rilassare il viso ed abbandonarsi al mondo dei sogni, dimenticandosi dei materiali bisogni.


Il tutto verrà interrotto da una susseguente e solita sveglia turbolenta, provocata da animali ed esseri umani ancor più animali che risiedono nei paraggi, costante di più o meno tutti i villaggi del piccolo, ma immenso Nepal.

Nessun commento:

Posta un commento