20-05-2012
Un'intera nazione ferma, nel movimento, laddove il tempo si era già fermato bloccato dalle aguzze montagne, che proteggono questo paese dalla frenesia che ormai alberga in tutto il mondo.
Essere costretto ad andarmene sollecitamente da questo eden terreno a causa del visto, mi costringe ad attraversare questo splendore, fermo nella sua quiete, da Kathmandu fino al confine indiano. Una costrizione non sofferta ma goduta in ogni istante, fin dalle prime luci dell'alba, soffermandomi a scrivere ancora qualche cartolina, qualche messaggio, ad esprimere qualche pensiero, soprattutto di ringraziamento, nella serenità indotta da un ambiente così amichevole, uno studio piono di vibrante energia positiva.
E via... pronto a partire, ancora un saluto con un amico, perfettamente svegliato con qualche sassolino dentro la sua finestra del 3° piano, un saluto e la partenza con il sole rosso dell'alba che è un irresistibile visione ma non scalda. Proseguendo la via sulle montagne per uscire dalla valle di kathmandu mi godo l'ultima brezza di freddo, l'ultima ipotermia, e con le mani intorpidite continuo questa peripezia per uscire dal Nepal prima che il mio visto sia scaduto.
Lungo tutta la strada per uscire dalla capitale folle di persone la gremiscono e fermano i pochi automobilisti, impedendo gli spostamenti e determinando così un reale sciopero, unn reale dovere a far nulla, o per alcuni fare tanto in modi che gli altri possano fare nulla.
Considerando che in questa nazione non c'è statalizzazione, x cui non esistono dipendenti statali al di fuori delle forze dell'ordine (le quali infatti sono le uniche che non scioperano), quelli che attuano lo sciopero sono i privati, che si fermano, fermano le loro private aziende e i loro privati profitti, senza causare poi tanti inconvenienti sociali, perchè i servizi statali, non esistendo non possono verire a meno.
Sembra paradossale ma il loro sciopero funziona benissimo, sia a livello di riìchiamo, di percentuale di aderenti, che di disagio causato per cui mi vien da pensare che sia paradassale il nostro concetto di sciopero: il fatto di scegliere di non fare niente, di scioperare, per arrecare un danno agli altri, non un piacere a se stessi.
Il senso dello sciopero sta nello sciopero stesso, nell'astenersi dal quotidiano, questo è abbastanza per destabilizzare il sistema in cui si vive e per permettere di osservare le cose più oggettivamente. Come diceva il filosofo Lao-Tze "io non faccio niente per cui non c'è niente che io non faccia". Il potere di queste parole si vede in un paeese bloccato da 2 giorni che dona splendidi momenti di felicità ai cittadini ed ai turisti di ogni età e ceto sociale.. pace, quiete, per godersi la città, la campagna, le montagne, ma sopratutto la famiglia e completa beatitudine, senza nessun illusorio sentimento di dover fare qualcosa di più che sorridere alla vita.
E così attraversando questo paese mi godo proprio questi sorrisi di queste persone, felici davanti alle loro case, negli intenti più disparati, dai giochi, ai pasti, ma sempre momenti intrisi di pace e serenità.
Grazie sciopero, grazie a nome di tutti, perchè sono tutti così tanto più felici e altri 3 giorni di sciopero come deciso non faranno male a nessuno.. peccato non me li possa godere tutti. Era il momento perfetto per longboardare le strade meglio asfaltate del nepal, quelle che di fatti sono anche le più usualmente trafficate.
Mi godo questo desiderio nell'immaginario e intanto proseguo tra queste splendide valli montane a primavera.
Una valle larga, smisurata, calma, calma piatta pervasa da un lieve soffio di vento che accarazza gli aghi delle verdeggianti conifere e la mia rosastra pelle, il canto degli uccellini, qualche scricchiolio dalla foresta e nulla più.
La quiete manifesta nella sua naturale completezza mi costrigge a sostare in questa estasi e prolungare la mia sosta il più possibile, finché un nuvola consigliera giunge per dirmi che è tempo di ripartire, di discendere dall'estesasi, dalla quiete, dalla pace di ogni sensazione, perchè oggi le porte dell'inferno sono aperte, il visto per il paradiso scade e quindi devo sbrigarmi ad andarmene.
Passando dalle montagne alle pianure, dal fresco ad un soffocante caldo, mi disloco dal nord nel sud del Nepal.
Attraverso veloce la giungla ormai a me nota di cui denoto i vari villaggi sparsi, sempre tutti scioperanti, in festa, in famiglia o nelle strade.
Essendo di strada non posso non fermarmi a salutare la mia famiglia nepalese e ovviamente è impossibile rispondere negativamente alle innumerevoli offerte di cibo fatte da questa sempre affettuosa mamma. Pankakes, riso, chìa, un saluto a tutto il villaggio e mi dirigo verso il confine, pochi chilimoetri per cui ne approfitto per fare ancora una sosta a salutare il mio carissimo amico, baba ji e scambiarmi un sorriso con lui.
E' sempre cosi bello, bello dentro, bello nella dolcezza dei suoi occhi con i quali dolcemente guarda l'affollato mondo che lo circonda. Grazie baba ji! Ti voglio bene!
E poi via, Birganj, Raxaul.. e gli uffici immigrazione. Fine della scioperante pace dei sensi.
Grazie di quest'esperienza incomparabile in una casuale sequenza di eventi, luoghi ne tempi irreplicabile.
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