Come la navicella voyager, all'esplorazione dello spazio, dopo essere entrato nell'orbita di questo mondo, ne sfrutto la spinta gravitazionale per per uscirne con la giusta propulsione causata dalla finalmente planetaria repulsione per proseguire il mio viaggio sensazionale oltre i limiti di questo spazio costrittivo demarcato dall'abitudine. Questa mia inettitudine al vivere senza l'idea di un collettivo, forse causata da un distruttivo sentimento di solitudine, forse è una causa inesplicabile nell'attivo di una comunicazione, un concetto inapplicabile al mondo delle parole, la ricerca della redenzione, un'attitudine a determinare un mal'essere esistenziale equivoco, ma inequivocabile nell'azione di corruzione dello spirito.
Mentre il sole mi frigge il cervello, attendo un poco preso dallo sconforto un indefinito mezzo di trasporto che sollecitamente arriva, si arresta con una brusca frenata e con la porta spalancata si appresta ad ospitare per la sua ovvia funzione di trasportare, questo nuovo viaggiatore, in qualche nuovo luogo; non definito, come una sorpresa nell'uovo di Pasqua e senza attesa l'autobus riparte. E' un ottimo viaggio, soprattutto molto celere a parte il fatto che l'intera tratta viene accompagnata da un'indimenticabile vibrazione, la stessa prodotta dal turbo-reattore di un aereo in fase di decollo, ma su questo bus fa caldo e l'ambiente diventa etereo gettandomi in una sensazione di stanchezza, di sonno, che svanisce ad ogni dosso che il mezzo incontra che fa sobbalzare i suoi passeggeri di mezzo metro rischiando di rompersi il collo, ma anche un insaccamento vertebrale. In breve è un viaggio che non consente il distaccamento materiale, costringe ad una costante attenzione a questa forte e metallica vibrazione, che invisibilmente sposta, tira, spinge e se non fai attenzione ti provoca un colpo di frusta, in breve ti frustra. Il lato positivo è che per 200 km poco costa e rapidamente mi scosta da una realtà non richiesta, dove si richiede il sacrificio di una costola.
Arrivato a destinazione, non ho molto interesse nell'esplorazione, giusto il tempo di trovare il modo e il luogo in cui ripartire, ma visto l'orario non ho molta scelta, questi cittadini nepalesi mi vengono a dire, così in fretta mi tocca salire, su un autobus stracolmo senza poter ambire ad un posto comodo. Per fortuna questo secondo spostamento è più breve, anche perchè è molto più lento e specialmente nella costrizione provocata da questa scomoda ed inalterabile posizione, con il bus che si muove a stento, mi renderebbe assai scontento se non fosse, che in pochi minuti ulteriori, con i sole quasi tramontato, terminano tutti i miei timori, perchè il bus è già arrivato, ne discendo e mi stiracchio per alleviare i dolori alle articolazioni, che tacciono per regalarmi alle tenui sensazioni di questo tramonto.
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