giovedì 10 maggio 2012

Un'altra storia di autobus nepalesi

Autobus nepalesi e panoramici viaggi sui tetti di essi. (il tragitto tra Ochoaldunga e Salleri).

Un'altra storia inizia la mattina presto, dopo una breve corsa salgo sul nuovo autobus, un bus sgangherato come tutti quelli incontrati in Nepal.
Il veicolo è completamente caricato, all'interno dell'autobus si fatica quasi a respirare, per cui, dopo pochi minuti, in occasione della prima sosta decido di scendere e continuare il viaggio sul tetto dell'autobus, che sicuramente era più comodo.

Per cui mi appresto a percorrere un viaggio come il precedente, tra mille soste, una per riparare qualcosa del bus che come sempre si rompe, una pausa pranzo a base di cilo-dhal-bat e km su km percorrendo queste "strade" folli che si arrampicano sulle montagne vallata dopo vallata. Man mano che si prosegue cambia la flora e si passa da una vegetazione di montagna pluviale ad una vegetazione di latifoglie.

Dal tetto dell'autobus godo di una vista imparagonabile, di eccelsa grandezza e il mio stupore, mescolato con l'adrinalina prodotta dal tortuoso tragitto, cresce sempre più con l'avanzare in queste terre a me ignote: valli smisurate, piccoli villaggi, tanti terrazzamenti. Ad ogni passo tra una valle e l'altra, si raggiunge il punto più alto della strada che si arrampica tra roccia e pietre, che mozza il fiato secondo ogni percezione, sia quella visiva, sia quella duodenale alterata dalla sensazione di vuoto.

6 o 7 ore di piacere, pura estasi di questi panorami, nella completa adrenalina del viaggio ad alta quota, assorto in una gioiosa quiete. Quiete che si manifesta su questo trambusto metallico che si sposta tra le montagne, provocata da una curiosità da bambino.










martedì 8 maggio 2012

Il BUS per Okhaldhunga


Un BUS e una storia, ovviamente NEPALESE.


Dopo altri 2 cambi di bus e altre 4 ore di viaggio, di cui l'ultima passando a tutta velocità nell'alveo di un fiume in secca, giungevo in un ignota località, giusto luogo di passaggio e di celere cambio di bus.
Una volta caricato il mio zaino sul tetto nel nuovo autobus, arrivò l'ingigantito dejà-vu: tornai a 15 anni ed eccomi lì che spingevo la mia Ape50 con il motore d'avviamento rotto per farla partire in seconda... ritorno nella realtà ed eccomi invece a spingere questo bus assieme ad altre venti persone per la stessa motivazione.

Ecco l'inizio di questo viaggio epico: un bus stracolmo, davvero caricato all'inverosimile, dentro e fuori, parte a spinta e poi inizia a percorrere stradine sterrate, guadare torrenti, ruscelli, salite, discese, altri guadi ed infine la salita; non una salita qualsiasi ma la salita dalla pianura del Terai verso le montagne dell'Everest.
Stradine minuscole, sterrate, ripide: mulattiere, e questo bus che procede a tutta velocetà e con ottima ripresa grazie ad un eccelso uso della frizione da parte di questo giovane autista.
Per riassumere in breve la lunga salita: 5 soste per raffreddare il radiatore manualmente a secchiate d'acqua, altre 2 soste per necessitate evacuazioni dei liquidi interni da parte dei passeggeri, una pausa di 20 minuti per riparare un pezzo del motore (ovviamente con un pezzo di legno), innumerevoli soste per scaricare qualcuno e qualcosa e caricarne ancora di più, miriadi di vallate attraversate, per passare dalla giungla ad una vegetazione di montagna equatoriale ed infine pausa snack.

Ecco che colgo l'occasione per conoscere il mio autista, anche mio coetaneo, nei confronti del quale avevo maturato una gran stima visto il tragitto che riusciva a percorrere con quell'enorme catorcio. Avevo già notato alla partenza tramite la gestualità tra lui e i sui amici che ci accomunavano alcune passioni oltre all'età. Così, ho colto l'occasione per conoscerlo e giacché incominciavo ad avere un po' di latte alle ginocchia per questa mia intera giornata di viaggio in autobus, ho colto anche l'occasione per offrirgli una birra e poi un po' di rocsy, un bel po' di rocsy (tipico alcolico nepalese, tipo grappa, forte ed economico), offerta ricambiata felicemente con qualche risa, qualche zanca e qualche chiacchiera e poi.. dopo aver caricato bene l'alcol e scaricato le inibizioni abbiamo ripreso il viaggio.
Il giovane autista, tutto contento della nuova conoscenza, per l'alcolica discesa mi ha riservato il posto a fianco a se, davanti al parabrezza ed ecco che giuuuuuuuuuùùùùùùùùù... si va... a tutta velocità.
Una discesa da pazzi, adrenalina inequiparabile a qualunque luna park o altra esperienza. Queste dieci tonnellate che scendono, con le gomme lisce e un albero motore riparato con un pezzo di legno, da delle folli discese strette e sterrate, con curve a gomito e tornanti tutto il tempo.
Il bus che ovviamente è privo di servosterzo è bello faticoso da guidare e vedendo i muscoli in tensione dell'autista ad ogni curva confido in loro, nella loro tenuta del volante e nella tenuta dell'autubus sulla mulattiera.
Se siete di fretta e non soffrite di cuore, gonfiare d'alcol il vostro autista nepalese è la soluzione, poi tenetevi forte e pregate per arrivare a destinazione.

Giunti a destinazione, scarichiamo tutti i passeggeri e la merce nelle varie frazioni del paese e una volta parcheggiato l'autobus ci fermiamo su esso a fraternizzare. Un gruppo di 6 ragazzi, me e loro. Loro tutti del luogo, tutti felicemente a spartirsi il guadagno ottenuto durante quell'impervio tragitto.. per loro la normalità. Tutti felici di conoscermi e condividere momenti di relax e piacere, dopo un lungo viaggio, durante un tenue tramonto. Mi hanno proprio preso come parte del gruppo e felici, sorridenti e ben affamati siamo ci siamo diretti in un luogo a loro ospitale, casa della famiglia di uno di essi, per consumare un abbondante pasto, con anche abbondanti bevande alcoliche e risate. Un breve momento di relax dopo cena e poi a nanna, sempre ospitato in quel luogo dal mio amico autista.












Il giorno seguente, una sollecita sveglia, una velocissima toilette e poi di corsa per prendere il bus per proseguire il viaggio all'interno del territorio montano nepalese. Sempre accompagnato dai miei nuovi amici, che mi hanno guidato nel paese prospiciente quello in cui ho alloggiato per la notte, dall'altra parte del fiume, Okhaldhunga.


Un altro bus, un'altra storia.





sabato 5 maggio 2012

Dhanushadham Temple


In Dhanushadham from the sunset to the sunrise.
A Dhanushadham dal tramonto all'alba.


Continueing my trip around Nepal, I arrived tired in Dhanushadham with a crowded bus and going out from it, I met the sunset that was waiting me, was so quiet and relaxing... restoring.
I had a seat under a big tree in front of a little artificial lake, with this red ball in the sky, that was coming to seat next to me. It was calm, the quiet of the senses apart one: the touch, because mosquitos began to attack me... again (like every day.. they like me, because i'm sweet).
A little visit to the already nighty village and then I found rest, happly hosted for the night, in the Dhanushadham temple: the Danush Mandir. Large and confortable room full of painting of Shiva and energy. Great energy, coming from the 2 nice trees going out from the roof. One so amazing, the tree around it was build the temple. The bow temple and the Danush tree. I was so lucky to can spend in a so energetic place so full of mythologic history. Really cool place apart the well knew tragedy of the mosquitos. It was a resting and advising night even if  I didn't slept so much. The magnifiscent tree refill me with all the energy that i needed.
The mosquitos decided to wake me up really early in the morning, so at the sunrise i was already pooing in the field, surrounded by the wheat and a beautiful sun that was getting hot my body and my spirit.
In Danhushadham people is nice and boring at the same time, like in all the Nepal. Always coming to ask to the foreigners who they are, what they do, why are them there, where are their friends and family.. ecc.. ecc..
Anyhow, i was hot for continuing my trip, restored from the nice expirience of a night spent resting in front of the mythologic Danush tree, I visited the Ram-Janaki Temple, just near the Danush Mandir.
I had a nice breackfast and then i began to walk.. after few minutes the fate bring me a man on a motorbike that told me that from when i saw me in the morning i thought "i will do for him whatever he need" and so i transported me until the main road and show me the next bus for the next destination.




Dhanushadham: a historical and religious site, dates back to the time of the great epic- Ramayana. The Dhanusha Temple here was constructed in 1939 A.D. Located 18 km north-east of Janakpur in the south-central region of Nepal, Dhanushadham is said to be the place where Lord Rama had broken Shiva’s divine bow in order to win the hand of Sita in marriage. The epic describes how one of the three pieces of the bow fell in the present day Dhanushadham; hence its religious significance. There is a large pond here and lovely walks around this site.
















Shiva Dhanush (Sanskritशिव धनुश), also known as Pinaka(Ajagav), in Hindu mythology, was the divine bow of Lord Shiva gifted to King Janaka by Sage Parashurama for safe-keeping while the sage performed penances. It was gifted to Parashurama by Shiva for being a great disciple. The bow is 8.5 feet in length as mentioned in the Dhanurveda.
In earlier part of her life, Sita while playing with her sisters had unknowingly moved the table over which the "Shiva Dhanush" had been placed; which was something no one in the palace could do. This incident was however observed by King Janaka and he decided to make this incident as the backdrop for swayamvar.
Later, Janaka had announced that whoever wanted to marry Sita had to do so only after lifting (which was itself a difficult job) the bow from its place and stringing it. The bow was broken by Lord Rama when he attempted to string the bow, during the swayamvar of King Janaka's daughter, Sita, whereby he won the hand of Sita in marriage. After the swayamvar, while Rama, Sita and Lakshmana were on their way to Ayodhya, Parashurama confronted and challenged Rama for breaking the bow. Dasharatha told Parashurama the incident which had happened in the palace. But Parashurama wouldn't control and brought Lord Vishnu's bow. He then asked Rama to string the bow and fight a duel with him.Rama respectfully bows to Parashurama, and within a twinkling of an eyelid snatches the bow of Vishnu, strings it, places an arrow and points it straight at the challenger's heart. Rama asks Parashurama what he will give as a target to the arrow in return for his life? At this point, Parashurama feels himself devoid of the tremendous mystical energy he possessed for so long. He realizes that Rama is Vishnu incarnate, his successor and definitely his superior. He accepts Rama's superiority, devotes his tapasya to him, pays homage to Rama and promises to return to his hermitage and leave the world of men.
Rama then shoots the arrow up into the sky with Vishnu's bow, performing a feat true to his supreme, divine nature with his natural weapon. His overpowering of Parashurama and using the supreme weapon with ease. Then Parashurama left this world to mahendra Parvat. (from Wikipedia)

venerdì 4 maggio 2012

Sonda VOYAGER alla ripartenza



Come la navicella voyager, all'esplorazione dello spazio, dopo essere entrato nell'orbita di questo mondo, ne sfrutto la spinta gravitazionale per per uscirne con la giusta propulsione causata dalla finalmente planetaria repulsione per proseguire il mio viaggio sensazionale oltre i limiti di questo spazio costrittivo demarcato dall'abitudine. Questa mia inettitudine al vivere senza l'idea di un collettivo, forse causata da un distruttivo sentimento di solitudine, forse è una causa inesplicabile nell'attivo di una comunicazione, un concetto inapplicabile al mondo delle parole, la ricerca della redenzione, un'attitudine a determinare un mal'essere esistenziale equivoco, ma inequivocabile nell'azione di corruzione dello spirito.


Mentre il sole mi frigge il cervello, attendo un poco preso dallo sconforto un indefinito mezzo di trasporto che sollecitamente arriva, si arresta con una brusca frenata e con la porta spalancata si appresta ad ospitare per la sua ovvia funzione di trasportare, questo nuovo viaggiatore, in qualche nuovo luogo; non definito, come una sorpresa nell'uovo di Pasqua e senza attesa l'autobus riparte. E' un ottimo viaggio, soprattutto molto celere a parte il fatto che l'intera tratta viene accompagnata da un'indimenticabile vibrazione, la stessa prodotta dal turbo-reattore di un aereo in fase di decollo, ma su questo bus fa caldo e l'ambiente diventa etereo gettandomi in una sensazione di stanchezza, di sonno, che svanisce ad ogni dosso che il mezzo incontra che fa sobbalzare i suoi passeggeri di mezzo metro rischiando di rompersi il collo, ma anche un insaccamento vertebrale. In breve è un viaggio che non consente il distaccamento materiale, costringe ad una costante attenzione a questa forte e metallica vibrazione, che invisibilmente sposta, tira, spinge e se non fai attenzione ti provoca un colpo di frusta, in breve ti frustra. Il lato positivo è che per 200 km poco costa e rapidamente mi scosta da una realtà non richiesta, dove si richiede il sacrificio di una costola.



Arrivato a destinazione, non ho molto interesse nell'esplorazione, giusto il tempo di trovare il modo e il luogo in cui ripartire, ma visto l'orario non ho molta scelta, questi cittadini nepalesi mi vengono a dire, così in fretta mi tocca salire, su un autobus stracolmo senza poter ambire ad un posto comodo. Per fortuna questo secondo spostamento è più breve, anche perchè è molto più lento e specialmente nella costrizione provocata da questa scomoda ed inalterabile posizione, con il bus che si muove a stento, mi renderebbe assai scontento se non fosse, che in pochi minuti ulteriori, con i sole quasi tramontato, terminano tutti i miei timori, perchè il bus è già arrivato, ne discendo e mi stiracchio per alleviare i dolori alle articolazioni, che tacciono per regalarmi alle tenui sensazioni di questo tramonto.

Notte insonne.


La vista della giungla che si dissolve tra la nebbia nell'oscorutà della notte. La percezione dei pensieri che, anch'essa, si dissolve tra la nebbia della mia lucida confusione, disturbata soltanto dai soliti esseri umani, soliti a impicciarsi degli affari altrui piuttosto che dei propri.
I mille pensieri fluiscono rapidamente in un misterioso contenitore che cerco ancora di scoprire per poterlo distruggere, perchè il mio intento non è quello di contenermi ma bensì quello di espandermi.
Quello che resta, quell'idea di fondo dei miei pensieri, origine e fine di essi, invece, fluisce rapidamente e disordinatamente su un foglio, sporcato da una matita, che veloce su esso si muove, come trascendentale tramite tra il mio ego la realtà specchio di essa che lo circonda. Il foglio in fretta si riempe di caratteri che si susseguono a creare un ipotetico discorso con un ipotetica logica, per poi essere piegato e infilato nella fessura sottostante la porta della prigione che sta giusto in fronte alla porta della mia prigione. Una comoda stanza da letto, di cemento l'intero pavimento, con zanzare in assetto da combattimento, (abitata da un solo elemento divergente da me solo per il sesso in una percezione apparente, ...)
Così i miei pensieri vengono abbandonati alla mia momentanea altra metà, che è la materializzazione della ricerca del mio io in un altra realtà, nell'altra metà di questa momentanea abitazione con simmetrica disposizione delle stanze.


19-3

giovedì 3 maggio 2012

Jungle / Safari / nella Giungla



Sensational jungle safari, hunting resolutive sensations.
Safari nella giungla sensazionale, a caccia di sensazioni risolutorie.
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Near Chitwan Jungle in Terai: the same jungle but without all the balls-breaking rules of the national park, without any problem to explore and to photograph. Free and wild jungle, made for introspective safaris.

Vicino alla giungla di Chitwan nel Terai: la stessa giungla ma senza tutto lo scassamento di marroni delle regole del parco nazionale, senza alcuno svantaggio nell'intento di esplorare e fotografare. Giungla libera e selvatica, creata per introspettivi safari.



This is a little patch of my little  nepali jungle, little because i was not able to discover it completly. This is one of my usuals and dailys jungle safari: safari because it's a way of exploring the forest related with the big hunting, also if I still don't know what i'm searching, what i'm trying to hunt here.Anyhow this little/huge jungle, in a huge flat zone, always show me something new, something interesting, something that is not flat like the terrain where i walk.From the deep jungle to the large and empty river, here i find everything i need even if it seems not my typical environment.Ecco un piccolo scorcio della mia piccola giungla nepalese, piccola perchè non sono stato in grado di esplorarla e scoprirla tutta quanta, scoprirla dal velo che rende ancora molte zone di essa a me ignote.Questo è uno dei miei consueti e giornalieri safari nella giungla: safari, perchè il mio è uno modo di esplorare la foresta che ha qualcosa a che fare con la caccia grossa, anche se non comprendo ancora cosa io stia cercando, cosa io stia provando a cacciare qui.In ogni caso questa piccola /grande giungla, posizionata in una sterminata pianura, mi rivela sempre qualcosa di nuovo, qualcosa d'interessante, qualcosa che non è piatto come il terreno su cui cammino.



And from here we walk, we get into my photographic safari:
E da qui ci si incammina, ci si addentra nel mio safari fotografico:



Dai margini della giungla, ove la selva è ancora rada. 



Fin dentro la tetra selva con i raggi del sole che filtrano tra i rami e le foglie ad illuminarmi e segnarmi la via, donarmi orientamento per districarmi negli spostamenti in questa giungla dei miei pensieri.



Rimango ogni giorno più impressionato dalle molteplici forme e vie di adattamento, quelle che permettono il sostentamento di queste piante che si contendono lo spazio e la luce, che mostrano la loro forza davanti ad ogni tipo di sorte perchè si sa che nella giungla vige la legge della giungla ovvero quella del più forte.
Mi viene il dubbio di cosa sia, dunque, la forza; essa mi appare come naturale abilità alla sopravvivenza,  semplice intraprendenza.


E intanto cammino, cammino, cammino.. m'ingiunglo nella giunglosissima giungla.



Mi ritrovo in questo luogo dalla presenza fatata della luce dorata che, s'introduce in questa tetra giungla come una vampata di emozione e la rende beata. Così, assorto nella quietudine della più meridionale latitudine del Nepal, ogni confusione viene sedata.



E così la giungla dei miei pensieri ritorna alla luce, si scopre, al torrido sole in un ampio letto di un fiume. Il suddetto, privo di vita, che alla ricerca di qualche fonte idrica, nell'ignoto è sparita.



M'insinuo nel paradosso che in un solo istante passo dalla florida foresta pluviale, ad un'ampia striscia di deserto che la siccità della stagione secca ha scoperto.



Aridità, manifestazione dell'idrica avidità di questa porzione di Terra.




Da questo luogo dagli alberi scoperto, che soltanto ora ho scoperto, mi sento troppo allo scoperto, sento occhi di predatori affamati che si feliciterebbe di sentire i loro denti nella carne piantati.
Così mi riaddentro nella giungla naturalmente piantata, abbondantemente piantumata, dove la mia anima si sente più domiciliarmente accomodata. Mera sensazione di mera protezione.




Rumori sovrastanti, sia per quanto riguarda la potenza, che per quanto riguarda la provenienza attirano la mia attenzione tra gli alti rami illuminati dai raggi solari, che mi mostrano anche questi individui non rari ma sfuggenti, perchè non sempre, nascosti tra i rami, gli individui.



Individuano loro me al contrario, l'estraneo della giungla. Io le avvisto solo in seguito al baccano prodotto dallo spontaneo movimento di un branco di ramo in ramo. Rimango stupito dall'agilità di questi esseri nell'ambiente arboreo.










Un quotidiano di un villaggio (del Nepal)


Un villaggio, una famiglia (nepalese).. che t'importuna e che ti consiglia (senza apparenti offese).

Un villaggio, abitato da ormai noti ed amichevoli volti, da sorrisi di bambini che mi tengono in esso ostaggio.
Una famiglia di indefinite persone, che ti cercano sempre e ti danno fin troppa attenzione, lasciandoti pochi momenti per la personale concentrazione o per dedicarsi alla meditazione.
Tutto questo però è un buon allenamento, trovare la pace e la concentrazione in questo ambiente caotico, ma comunque sereno e contento.
Dalle prime luci del giorno qualcuno ti cerca, ti osserva e soprattutto t'importuna, in una situazione di risveglio sensoriale; con poco tatto, cercano di stabilire un contatto, di richiedere la tua presenza animatoriale, con con un emotivo distacco che gli impedisce di comprendere che non è la situazione opportuna. 
Fin dalla prima mattina inizia la vita collettiva del villaggio, è impossibile stare da solo, tipo una persecuzione mascherata con la buona intenzione di volerti nutrire, curare, quando in realtà non c'è niente da fare, mi so autosostentare, e non necessito questa comitiva di persone che mi circonda e mi richiede a tutte le ore, mi desidera in mille posti diversi o a presiedere le più disparate situazioni e ciò mi porta alla deriva, mi cartavetra i marroni.
E' proprio uno sfregamento doloroso su una parte sensibile, è quell'attimo di pace che attendo ma è inattendibile, irraggiungibile senza il distacco da schematiche fisse, quelle che in 20 anni di abitudinaria vita in europa, nella testa mi sono state messe.
A parte questo sentimento, che sovente anima il tempo diurno, arriva poi la sera ed infine il piacere del tranquillo notturno.
Dal tramonto ogni famiglia si estranea dal resto del villaggio, si rinchiude nel proprio spazio, usualmente violato solo per la condivisione di un problema o di un assaggio della cena, proveniente dall'altra cella della stessa galera o per descrivere un miraggio, dall'altra casa dello stesso villaggio. Solitamente poi ci si ritrova in pochi individui, ciascuno rinchiuso nel suo personaggio, a discutere di diversi quesiti e questioni, memorie e ambizioni, ma il più delle volte di maritaggio e discorsi castisti derivanti da una cultura venerante il lignaggio. (Per fare una parentesi questo sembra uno degli argomenti preferiti, non solo di questa famiglia o di questo villaggio, ma di quasi tutte le persone incontrate in ogni dove in questo viaggio in Nepal.) 
La sera è quasi sempre una panacea, ci si ritrova in un'accogliente ed aperta cucina, dove mentre si prepara la cena e si taglia la verdura qualcuno sempre s'intromette e s'infiltra, ma dopo il tramonto non è più una tortura.
Dopo il classico pasto preparato e poi tutti assieme consumato, abitualmente mi dedico o al disegno o alla scrittura, la materiale stesura di idee o progetti di varia natura. In alternativa mi dedico ad una particolare forma di meditazione definibile come l'immobile fissazione del soffitto, senza nessun traguardo da raggiungere, quindi fermo e zitto.
La sera posso permettermi questo lusso della solitudine giacché per i nepalesi andare a dormire presto è una consuetudine.
E mentre mi godo il lusso sfrenato ripenso, alla giornata trascorsa tra sensazioni di ogni genere ed il regalo immenso che quotidianamente mi viene donato, specialmente da questi ragazzini dalle carni ed abitudini tenere. E' sempre un momento intenso e che dona conforto assieme al giusto apporto di sorriso, per chiudere gli occhi, rilassare il viso ed abbandonarsi al mondo dei sogni, dimenticandosi dei materiali bisogni.


Il tutto verrà interrotto da una susseguente e solita sveglia turbolenta, provocata da animali ed esseri umani ancor più animali che risiedono nei paraggi, costante di più o meno tutti i villaggi del piccolo, ma immenso Nepal.

Oh, pulitore ronzante.


Sempre a zonzo e sempre ronzante, alla ricerca continua di ciò che tu getti o rigetti, disprezzi e lei invece trova allettante.
Tu, uomo, disprezzi anche lei che non disdegna nemmeno l'eventualitàn di ripulire la tua carogna.
In qualche luogo ignoto lei aspetta dopodiché al primo segnale di sporco lei si affretta a pulire, a prendersi la sua fetta. Un instancabile stormo di ripulitori, metaboliti della terra, in essa e di essa sono trasformatori; tutto ciò sono questi insetti, anche se forse non te lo aspetti quando indefesso le tue energie continui a sperperare, per cacciarle ed andarle ad ammazzare, per sprecare il tuo tempo a impedire il normale svolgimento di questa  importante funzione sociale. Se non comprendi questo fenomeno, è inutile che t'innervosisci, contrai il trigemino, dovresti semplicemente essere più razionale, comprendere che tu sporchi e qualcuno costantemente viene a ripulire, anche la tua  produzione anale o uno scarico industriale, anche se tu glielo volessi impedire, loro sono già in azione nella loro opera di metabolizzazione che effettuano senza domandarti due lire, senza costrizione.




Ecco che, umano, miserabile inquinatore senza più simbiosi con il tuo pianeta creatore, dovresti apprezzare la magia della vita, esserne un miglior osservatore, coglierne gli aspetti che non ti aspetti. Dovresti imparare ad apprezzare le mosche, che sono esseri puliti e dediti alla pulizia, considerate losche in un sistema senza meritocrazia.
Umano devi imparare il rispetto e la stima, per il luogo in cui vivi, un sistema che si auto-equilibra, che vive di buona e di cattiva vibra: la vibrazione, l'energia di esso che si manifesta in ogni piccola azione.



martedì 1 maggio 2012

Intollerante ispirazione


Dispersione di energia in maniera incontrollata, un litigio: il muro che si erge tra ogni individuo, che viene reso evidente, piuttosto che evidenziare l'umana divisione e porre su di essa l'attenzione. Porgerla sull'impossibilità di relazione dovuta al fatto che ogni uno è cresciuto solo in una differente prigione, anziché sulla prigione stessa che li rinchiude e divide che è solamente un insieme prodotto dalla mente, il quale, erroneamente, vuole raggruppare dentro ad un limite immaginario materiale divergente.


La materia che compone il tutto è unica ed inscindibile e alla fine del ciclo tornerà tutta la stessa come all'origine, racchiuderla in un insieme, metterla in un utopico contenitore, per fare un utopico ordine dentro un altro utopico contenitore, non è utopico ma stupido perchè illogico cercare di contenere della materia in espansione. Questo intento può al massimo causare un ritardo e la conseguente esplosione, semplice accellerazione delle molecole che vanno a riprendere il loro posto nello spazio tempo, senza eccezzione, verso il lungo viaggio di ritorno verso l'origine in ogni sua accezione.


L'evidenza di questa barriera che la percezione ci occlude, si evince dal fatto che in fronte a me c'è una persona che allude al ripetersi di determinate situazioni e a me non va di ascoltare le sue irragionate ed irragionevoli ragioni, in sintesi mi ha rotto i coglioni, perchè non esistono situazioni che si ripetono, differenti elementi che si situano in divergenti spazi e divergenti tempi. 


Quelli che si ripetono sono schemi, automatismi difensivi, derivanti da un ovvia percezione di attacco da parte dell'ambiente circostante, la necessità di avere una dolorosa e stressante costante che tiene attaccati ai demoni dai noi inventanti dai quali ci si sente attaccati.


Il benessere illusorio è la semplice distrazione da essi piuttosto che la loro completa accettazione come parte del nostro io e prodotto della nostra ragione. 


Nel mio universo senza alcun limite, mi fa piacere impersonare il tuo demone per qualche istante, così tu mostri la tua costante ai mostri che ti spaventano rendendoti ancor più debole a qualsiasi variabile e loro distruggono il tuo gioco, non rispettando le tue regole.


Io però non sono un demone distruggi regole, al massimo sono un tornado che prima soffia via le tegole, poi scoperchia i tetti e abbatte i muri delle prigioni, costruiti di mattoni che sono schemi mentali privi di ragioni. Materiali da costruzione che non aggregano argille ma solo fandonie autoproclamate per mostrare un'inesistente trasparenza tra la materialità e l'essenza. Quello che c'è di analogo al vetro nella loro composizione non è la trasparenza o l'assenza d'imperfezione, ma la densità della loro agglomerazione che ne determina la durezza, la scarsa elasticità cause della sua fragilità e della sua certa distruzione.


L'unica parte del mio linguaggio che capisci probabilmente è quando esclamo sparisci, perchè non comprendi amicizia e nemmeno regalo che io ti offro e tu non prendi, perchè tu al massimo pretendi.
Pretendi che io possa capire una persona che non si vuol spiegare che il suo pensiero vuole assopire e il suo corpo drogare.
Io capisco, non la pretesa, ma che sei come un disco rotto che produce sempre lo stesso suono, ripetitivo e pedante, che si ripete in ogni istante e non è vero che me ne fotto, me ne sbatto, semplicemente me ne distacco, pongo altrove la mia concentrazione.


Avevi già rovinato qualcosa di rovinato, come spesso la mattina vedendoti cadaverico nel letto ti avevo nominato, ma con il tuo scritto ti sei davvero superato.


Della tua rovina sei l'artefice e del mio buon intento sei il carnefice.. non potevi accettare il mio allontanamento e silenzio consapevole, come ultima mossa della partita prima della tua dipartita dalla mia realtà in modo che tu possa trovare la tua libertà.


Ritornando al tuo scritto, nemmeno l'ho letto, semplicemente l'ho osservato scritto in modo disordinato, su un foglio sporco e di grafite sbavato. Non avevi parole in più o in meno di quelle che potevano occupare un foglio, non avevi voglia di disarenare la nave dei tuoi pensieri dallo scoglio, di lasciarli fluire sinceri e veri, lisci come l'olio.


Questo mi è bastato, ma così forse ti offendo, perchè esprimo pensieri su un'apparenza che non comprendo, alché ora il tuo messaggio lo leggo così levo il dubbio e ti offendo sicuramente, usando come armi nei tuoi confronti i pensieri prodotti dalla tua mente.


Ecco, fatto: sei un deficiente! Del tutto privo di logica e lucidità, parli di cose assolutamente distanti e senza contatto, senza pindaricità. Salti da un imperfetto argomento all'altro alimentando l'equivocità principalmente endogena ma soprattutto dimostrando la tua scarsa razionalità, il tuo scarso contatto con la logicità.


I tuoi balzi di sfogo, danno soltanto luogo allo sconforto ed alla delusione in un animo che era solo intento nella riunione e che invece ora si sente un coglione per aver davvero frainteso lo scambio d'informazioni che può avvenire fra due persone.


Solo su un fatto posso darti completamente ragione, il fatto che un fatto evince dalla sua intuizione che sono uno stronzo, anzi un grande stronzo, uno stronzone: prodotto della digestione del mondo in cui mi situo ed allo stesso tempo mi consuma, lungo viaggio verso la luce, la fuoriuscita da un'orifizio, che nel mentre mi profuma con il suo inconfondibile odore di merda e non credere che con il passare del tempo io lo perda, perda la mia essenza, la rimembranza della digestione e successiva espulsione da un sistema, nominabile come apparato digerente, perchè non troppo divergente da esso, con un forte nesso nell'essere dipendente dal consumismo che ne incrementa l'attività e il continuo processo di metabolizzazione.

Situazione duodenale

Chiudo gli occhi ad occhi aperti e mi sveglio nel mio intestino nel bel mezzo della flora, che né mi attacca, né mi risucchia, né mi divora, a dire ma verità è un posto tranquillo, dal clima mite, le giornate soleggiate e queste piacevoli zone ombreggiate da alberi diversi che svolgono sicuramente una diversa funzione nella stratificazione di questo sistema forestale mi danno protezione anche se non dispongo di questa nozione e la mia conoscienza non se ne avvale.
Tranquillamente mi sento parte del tutto, laddove la mia funzione va ben oltre l'apparenza, non richiede alcuna mia azione ma solamente la presenza, l'attività costante che alimenta l'evoluzione dell'essenza.
Così descrivo la mia situazione intestinale, di come mi situo nell'ileo, tranquilla zona duodenale, con villi in perenne giubileo che mi vanno ad ombreggiare stagliandosi nel cielo blu ceruleo e microvilli sui quali mi posso comodamente adagiare, entrambi con un sotterraneo sviluppo equivalente alla loro dimensione, che forma così un eterogeneo e spontaneo sistema di assorbimento subitaneo che è possibile contemplare in un immaginario rapporto comunicativo e confidenziale con Linneo, che in questo sistema digestivo diventa mio coetaneo induttivo del suo pensiero intuitivo e certamente l'idoneo insegnante e guida per la mia mente in questo ambiente estraneo.

martedì 24 aprile 2012

Percezione dalle stelle


18-03
Le persone che ci circondano sono come il cielo che ci sovrasta. Ogni uno con una propria energia. Ogni 1 con una propria dimensione, dovuta alla capacità di aggregare la materia circonstante dentro se ed una propria luminosità dovuta alla capacità di compressione della materia aggregata per fonderla con se stessa producendo energia luminosa che si propaga nello spazio e nel tempo; per giungere agli occhi lucenti di altre stelle che personalmente sono uno 0, un origine, un punto di partenza per la loro percezione del oscuro cielo che li circonda, sporcato dalla luce più o meno fiebile di innumerevoli 1.

lunedì 23 aprile 2012

Nell'oscurità della notte


15-03
Nel mezzo del nulla, senza la fallace luce riflessa da un ammasso di roccia attirato nell'orbita di un altro ammasso che non vive di luce propria e che al massimo, come questa sera, con la sua presenza, oscura questo piccolo satellite impedendo ai raggi del sole di illuminare questa porzione di atmosfera, creando l'atmosfera giusta per perdersi ad osservare il cielo, nel suo nero sporcato dalla luce di migliaia di puntini luminosi che per migliaia d'anni ha viaggiato, senza sosta, per giungere puntuale ai miei occhi. In questo istante. Istante di domanda, che nel cielo che lo sovrasta trova la semplice risposta.