venerdì 24 febbraio 2012

Una fabbrica di mattoni


Un mondo composto di tanti piccoli mondi che vivono legati nell'essenza e nelle esigingenze ma completamente distaccati per tutto il resto.
Piccole realtà fatte di piccole persone che si accontentano delle stesse poche cose, persone che non sanno nemmeno dell'esistenza delle altre piccole persone nelle altre piccole realtà, ma che spesso trovano stupore e sorriso nelle cose più semplici.




Piccole realtà dove, anche nell'artificialità di un paesaggio deturpato dal lavoro umano, l'uomo trova aiuto e conforto da parte di poveri animali e piante sacrificati a questo scopo.




Piccole realtà come una fabbrica di mattoni, produttrice del mezzo perfettamente mal'utilizzato in altre piccole realtà prossime per deturpare ulteriormente il paesaggio, a livelli tali che il povero produttore di mattoni nemmeno potrebbe immaginare, perchè quella d'altro canto è una realtà che non gli compete. Non comprendo nemmeno se gli compete sapere che anche la piccola fabbrica di mattoni dove lavora deturpa il paesaggio che lui stesso abita soltanto esistendo, con la sua grossa ciminiera che mangia carbone e spunta fumo nero e denso come catrame.




La fornace mangia-carbone si nutre di questo nero cibo dalla provenienza sconosciuta per quanto riguarda la geografia ma ben conosciuta per quanto riguarda la fatica, la sofferenza, la tragedia. Dai tempi dei tempi il lavoro in miniera è sempre lo stesso, sempre la stessa miseria, e se si tratta di carbone sempre la stessa sporcizia è addizionale alla miseria. Sporcizia che rimane sui vestiti, sulla pelle, nei polmoni.
Sofferenza, miseria e sporcizia che caratterizzano ogni industrializzazione, ogni tentativo di distaccarsi dalle esigenze essenziali e naturali; come una divina punizione che viene in ogni istante a mostrarci la retta via, a dimostrarci che c'è qualcosa di malsano e sbagliato in ogni realtà che vuole costruire piuttosto che trasmettere, anche se piccola e distaccata dal resto del mondo.




Una fornace che intiepidisce un clima invernale e indirettamente sfama tante bocche di tanti lavoratori che ci lavorano. Lavoratori con la schiena a pezzi, come le montagne di mattoni rotti che delimitano la fabbrica, che essi siano uomini o animali. Sicuramente potrebbero essere sfamati da una realtà differente, più naturale ed amichevole di una fornace incandescente che da ingoia pesanti mattoni crudi per poi risputare pesanti mattoni cotti (male), ma uomini e asinelli afflitti dalla fatica quotidiana non valutano questa possibilità, non immaginano un alternativa e si accontentano.. in tutti i sensi, perchè sono contenti della loro vita, della loro percezione. Per lo meno in apparenza, perchè i loro occhi sono un po' spenti, riaccesi di vivo fuoco solo dall'insolita presenza di esseri ugualmente a loro umani ma di razza caucasica, dalla pelle candida e dalla curiosità fervida.




Lavoratori sorridenti agli intrusi, fieri di mostrare il loro lavoro, senza nulla da nascondere, tranne la fatica per mettersi in posa sorridenti con il più possibile di mattoni sulla testa senza che nemmeno nessuno gliel'avesse domandato.




Estremamente sorridenti e fieri con le loro pile di mattoni rossi come tutto quell'ambiente, tutta la loro pelle, tutto il loro sangue.





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