martedì 24 aprile 2012

Percezione dalle stelle


18-03
Le persone che ci circondano sono come il cielo che ci sovrasta. Ogni uno con una propria energia. Ogni 1 con una propria dimensione, dovuta alla capacità di aggregare la materia circonstante dentro se ed una propria luminosità dovuta alla capacità di compressione della materia aggregata per fonderla con se stessa producendo energia luminosa che si propaga nello spazio e nel tempo; per giungere agli occhi lucenti di altre stelle che personalmente sono uno 0, un origine, un punto di partenza per la loro percezione del oscuro cielo che li circonda, sporcato dalla luce più o meno fiebile di innumerevoli 1.

lunedì 23 aprile 2012

Nell'oscurità della notte


15-03
Nel mezzo del nulla, senza la fallace luce riflessa da un ammasso di roccia attirato nell'orbita di un altro ammasso che non vive di luce propria e che al massimo, come questa sera, con la sua presenza, oscura questo piccolo satellite impedendo ai raggi del sole di illuminare questa porzione di atmosfera, creando l'atmosfera giusta per perdersi ad osservare il cielo, nel suo nero sporcato dalla luce di migliaia di puntini luminosi che per migliaia d'anni ha viaggiato, senza sosta, per giungere puntuale ai miei occhi. In questo istante. Istante di domanda, che nel cielo che lo sovrasta trova la semplice risposta.

domenica 22 aprile 2012

Una vita a Pathlaya



Tra sorrisi e colori prende vita la rappresentazione indo-nepalese del nostro carnevale, giornata in cui ogni scherzo vale. Un piccolo villaggio in festa, che per 2 giorni continua senza sosta, in una scherzosa atmosfere il lancio di colori non si arresta, si accompagna con il lancio di uova ed ogni genere di cosa, mentre lo scemo del villaggio si appresta nel suo giorno di vendetta, nel quale restituisce ad ogni persona circostante il quotidiano ludibrio al quale viente esposto, è perseverante, molesto, maleducato, scomposto, fuori luogo, ma nel giusto posto e soprattutto costante nel riempire la bocca alle tante vittime e cospargendo bene le gengive di colori che si mescolano con le salive e vanno a creare sputi di varia pigmentazione. La sua azione, glielo si legge in faccia gli dona molta soddisfazione, è la vittoria, la rivincita, la ribellione.
Nel mentre i vapori del roxy che evapora al sole regalano odore alcolico all'ambiente circostante ed un effetto delirante a ragazzi e uomini di ogni generazione che vanno ad alterare la loro percezione, a creare un insolito sistema di aggregazione. 
Col tramontare del sole una casa prende vita, non si capisce chi la abita perchè mezzo villaggio la presidia e assieme al mio compagno di viaggio ne vengo fatto ostaggio tra offerte di cibo e bevande, ragazzini contenti di questi ospiti così tanto "differenti", così tanto incuriositi da questa situazione, non so se più per l'inattesa visita o l'essere divergenti nel colore della pelle. Nel mentre, sotto le stelle, si continuano a svuotare e riempire piatti e bicchieri. Sorrisi, tanti sorrisi veri, una serata felice di rapporti sinceri.
Il giorno seguente fin dalla mattina si odono le grida, di ragazzini intenti alla fuga dall'assalto di colori. A questo gioco partecipano tutti, da chi a mala pena cammina a chi è tutto una ruga, da chi scappa veloce a chi è lento come una tartaruga.
Il giorno precedente è stato intenso per ogni uno e in ogni senso. Nonostante il sole già alto e il rumore di festa proveniente dal villaggio sia abnorme il mio compagno di viaggio beato e sudato dorme, riposa meritatamente; la stanchezza da cui è afflitto lo rende del tutto incurante di cosa accade nello spazio circostante.
Io abbandono l'idea di volelorlo svegliare, lo abbandono al suo sonno ed indefesso nella festa mi vado a situare, abbandono ogni inibizione e divento parte integrante della situazione.
Dopo un'altra giornata esageratamente piena, uno sguardo mi cattura, è acqua fresca e pura che rinfranca dal calore accumulato durante tutto il giorno di forte sole meridionale, la successiva offerta di volermi ospitare per la cena è l'inconsapevole inizio di un gioco di scoperta, il togliersi uno sfizio di interagirere col diverso, di scivere una parola, poi un verso, inconsapevoli che i versi, che si accumulano, simili e diversi vanno a creare strofe di reciproco interesse, che le une poste vicine alle altre, connesse vanno a formare un poema che parla di nulla e non va in nessuna direzione perchè non ha alcun tema.
La trama s'infittisce quando, in questo poema, la gente fa cenno di assenso ma non capisce né il contesto né il senso del testo che sta scvrivendo, quando ci si intristisce costruendosi un pretesto e focalizzandossi su di esso e non più sul resto.


Si manifestanono ogni giorno molteplici sfaccettature di come tutti gli esseri umani, diversi e diversamente, nascondono le proprie paure e le proprie incertezze, con tagli e potature del proprio pensiero, di un rapporto sicero con il proprio ego. Le fierezze che determinano il divario tra gli sguardi di ipotetiche altezze differenti, sono muri di mattoncini lego perchè costruiti da infanti, che però dividono e distaccano le menti dalle realtà circostanti. Anime che non crescono perchè troppo attaccate alle costanti, incapaci di accettare le variabili manifeste nelle libere abitudini di questi strani visitatori, che preferiscono passeggiare nella giungla piuttosto che restare negli instabili edifici, labili costruzioni alcune fatte di argilla e sterco altre di mattoni.
Il concetto che si possa abitare qualsiasi luogo senza nessun bisogno di doversi preoccupare che chissà quale belva ci possa attacare è un concetto del tutto innaturale per queste persone di cui mi continuo a circondare.


Naturale, per loro è un terreno asfaltato, i rumori dei camion che provengono da un incrocio trafficato poco distante, vestiti messi ad ascigare sul filo spinato, questa è la normalità, questa è la costante di ogni giorno. Non ci si domanda cosa ci sia intorno, cosa ci sia nel bosco, si resta semplicemente rinchiusi in un posto, residenza in un luogo imposto dalla deficienza, non intesa come insulto ma come mancanza, in questo caso dell'indipendezza intelletuale, da un cocetto distorto di ciò che sia bene e ciò che sia male.
Se però concepire lo spazio circostante in modo distorto sia un difetto mio o di questa popolazione, poco dedita al pensiero ed ancora meno all'azione, mi gettò nello sconforto fino a farmi accettare che ogni cosa è naturale, ogni tipo di sostanza, ogni tipo di materiale: a partire da quelli di geologica provenienza, fino all'artificiale novità prodotta dall'umana scienza e questa nuova realtà di coesistenza. Coesistenza naturale, di una giungla, un impianto industriale, per la produzione di sigarette che naturlmente verranno trasportate, naturalmente su strade asfaltate da mezzi di trasporto che si muovono solamente con il giusto apporto di gasolio al carburatore che lo spinge dentro a un motore, naturale come un pezzo di metallo estratto da un minatore, naturale lavoratore, nulla di differente da un verme, una talpa, un lombrico, contantemente in azione, come ogni cosa in questo universo, sempre in procinto di trasformazione, processo di metabolizzazione, di ciò che ci nutre, ciò che ci è stato per il momento concesso.


E'la magia della creazione che mi si palesa in mente quando la mia immaginazione mi porta all'ardito pensiero che si spinge per milioni di anni nell'ignoto del tempo, nello spazio liquido coibentato dalla crosta terrestre, la quale apparentemente deturpiamo, distruggiamo ma in realtà viste le leggi della fisica che regolano questo universo sarei proprio un fesso se credessi a questo sproloquio ecologico, credo invece in qualcosa di ben più logico che si basa sulla ciclicità degli eventi, che noi umani non siamo intenti alla distruzione di questo pianeta ma semplicemente siamo artefici di spostamenti di materiali, di nuove aggregazioni molecolari, che fanno a comporre ambienti artificiali, resi possibili e reali innanzitutto dalla passata scoperta o creazione di nuovi materiali. Ecco che, dunque, le nostre agglomerazioni di materia sintetica, che abbiamo posto ovunque, che esse siano di sintesi geologica, biologica o artificiale rientrano comunque in questa naturale crosta, che lentamente si sposta a causa di un movimento, che per quanto possa essere lento è costante, chiamato dall'uomo tettonica a zolle e blaterare di naturalezza ed ecologia senza considerare questa azione permanente è folle. Tettonica deriva dal greco tekton, parola significante costruttore, quello vero, infaticabile, che lavora a tutte le ore. Quell'alchimista che grazie al processo di subduzione fonde e rifonde ogni tipo di materiale e ogni tipo di aggregazione, senza fare alcuna discriminazione sulla loro provenienza, considerando solamente la loro esistenza. L'alchimista nel suo pentolone denominato mantello, procede alla fusione del materiale subdotto dalla crosta terrestre, per esempio: un po' di automobili, 2 o 3 città e delle foreste. Ogni ricetta porta alla creazione sempre perfetta, di un nuovo prodotto che dopo un'indefinita stagionatura viene introdotto sul mercato tramite un apparato denominato eruttivo, comprensivo di un canale che permette di trasportare di nuovo sulla crosta il nuovo materiale. Dovremmo provare a concepire, con il nostro frenetico spostare, trasformare, costruire, che nuovi materiali potremmo andare a formare in collaborazione con questo alchimista chiamato Terra sul quale siamo intenti ad abitare formando un alchemica simbiosi, che poterà alla formazione di nuovi materiali metamorfici che permetteranno chissà quali innovativi usi. Se non concepite questo e mi parlate d'inquinamento siete solo degli illusi.


I giorni intanto trascorrono, ma non degno il calendario e non ho alcun orario scandito da lancette o cristalli liquidi, ho solamente pesieri ibridi, creati meditando sotto un albero che crea una specie di caverna naturale con un bel tetto di rami e foglie, protezione dalle indiscrete abitudini, incuranti ed invadenti lo spazio personale, della popolazione del villaggio del quale, per volontà mia, sono rimasto ostaggio. Le voglie di scoperta e delucidazione della situazione ipotizzata come reale, denominata come vita, manifestazione di percezioni che in un istante potrebbe essere finita, alimentano i miei pensieri e quelli del mio compagno di viaggio in veritieri scambi di esperienze, racconti della falla sistemica che permette il passaggio in altre realtà come quelle dei sogni e le loro affinità. Per esempio la possibilità di trasportare sensazioni, ma anche tagli o abrasioni da realta trascendentali, la possibilità che da queste medesime realtà arrivino messaggi di allerta recapitati tramite il verso di diversi animali, uccellini che ti vengono a trovare, per comunicarti che ti devi mimetizzare perchè qualcuno ti sta venendo a cercare.
Ovviamente non posso e non possiamo farci trovare perchè dobbiamo ancora affrontare lunghi discorsi, sulle porte e le finestre della nostra realtà, luoghi ove si materializzano nuovi concetti e possibilità, oltre che sui nostri trascorsi alla ricerca di questi punti di passaggio.
L'interruzione di questo viaggio avviene per ritornare all'integrazione con le altre persone nei momenti dei pasti principalmente, nei quali si mangia sempre la stessa cosa ma abbondantemente.
Il piatto unico chiamato Dalbazio, sempre lo stesso, a volte invitante, a volte uno strazio.







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giovedì 19 aprile 2012

Da Akhilesh a Patalaya


Trovarsi per fermarsi, conoscersi per riflettersi, la rinuncia al suddividire in banali insiemi per piuttosto condividere sensazioni effimere provenienti da nuovi sistemi.
Molteplici istanti, molteplici incontri e molteplici viaggi condivisi nell'immobilità dei corpi nei luoghi o dalla mobilità dei corpi nei non-luoghi.
Esseri congiunti dalla casualità del momento creano il susseguirsi di quieti momenti percettivi delle sensazioni ed altri esplicativi dei sentimenti.
Un insieme di esseri che racchiudono un insieme di mondi dai quali evadono per situarsi in altri sistemi ove l'osservazione oggettiva dell'avvenuto distaccamento sistemico diventa endemico e propaga senza freno nuovo pensiero nella mente. Prede succulente fatte di immagini rivelazioni, innovative percezioni, pronte da cogliere, da cacciare o semplicemente ricercare.




Un giorno una partenza, la sentenza definitiva ed inappellabile del distacco dall'abitabile anfratto, in cui per molto tempo mi sono situato. Una trinità in movimento che si aiuta reciprocamente a muoversi a stento infine riesce nel lento processo di ricerca ed accesso ad un affollato ed esageratamente caricato autobus. Persone di ogni genere ed estrazione sociale, qualche caucasico, un ubriaco, una cosa in comuni, tutti con l'uguale sensazione di schiacciamento, compressione corporea cheinduce un minimo risentimento nell'essersi avventurati fuori dai limiti prestabiliti, comodi, organizzati.


L'arrivo previsto, ma in un luogo non previsto, porta al fortuito incontro con dei ragazzi che hanno invece avuto un fortuito scontro, per la precisione un incidente, un cappottamento di un autobus che viaggiava tutt'altro che lento, fortunatamente solamente qualche taglio, graffio e contusione, in quella tutt'altro che fortunata situazione.
Nel proseguire il viaggio perciò si amplia l'insieme che va ad accludere questi ragazzi che la morte da poco sono riusciti a eludere.
Un cartello, una direzione scritta, qualche salto e la richiesta spicca agli occhi di un benevolo camionista che dal quel momento per un'oretta di viaggio diventa il nostro autista.



L'arrivo in un villaggio, clima caldo, soleggiato, il camion parcheggiato, lentamente dai molteplici zaini dei molteplici passeggeri viene scaricato, svuotato, mentre il cuore del sudetto di una particolare sensazione viene riempito, una cosa chiamata intuizione, che in un istante decreta la decisione che non sarà solo un luogo di passaggio ma bensì un luogo del quale voglio essere un felice ostaggio.



Squat the square, squat the temple, squat the night.


23 - 02 - 2012



Un incrocio di anime viaggiatrici, che a cuore aperto e con il sorriso condividono le loro energie. Ognuno pronto a condividere le sue capacità i suoi hobbies, le sue parole, i suoi pensieri. Riuniti dal fato a condividere una bellissima settimana, tra pasti freschi ed abbondanti, yoga, musica trasportante, sorrisi e dialoghi, feste fino a tarda notte, risvegli mattutini, pulizie generali, ospiti di ogni genere ed estrazione sociale, nuovi arrivi ed alcune partenze, alcuni ritorni, un terrazzo che prende vita, una piacevole compagnia, piacevole alienazione dallo scorrere dei giorni. Vita.




Un giorno in particolare è stato davvero speciale, è stata grandiosa la collettività e l'unione, vera forza inarrestabile, fino dalle prime luci del mattino con la condivisione di ogni bene per pasto mattutino, yogurt, frutta, cereali, thè e caffè per ogni gusto, relax, yoga, lettura, dialoghi, riepiloghi e sorrisi, che impiegano tutta questa piccola società e i loro visi. Questa società casualmente formata dall'esigenza di un rifugio in centro città, per diversi motivi che in fondo portano alla medesima manifesta materialità
Manifesta come la festa che ogni giorno si produce specialmente quando del sole cala la luce e giorno dopo giorno incrementa sempre più l'energia che fa gravitare sempre più energia attorno a questa "casa". Incrementano gli amici e l'unione con essi, incrementano gli ospiti, fururi amici che portano nuovi ospiti ad orbitare attorno a questa gioia, e quindi incrementa tutto, il cibo, le bevande, le cene, i partecipanti, i digestivi, la musica e gli stumenti musicali, le risate e le voci; fino a raggiungere il limite di tolleranza nepalese che sembrava ancora irraggiungibile, lo stress di chi ci fornisce spazio, la sua cattiva energia che per 2 giorni consecutivi era già riuscita a far terminare i giochi e la festa a causa di una supposta attività molesta, tale il disturbare il vicinato in orario di sonno e lasciare sempre il nostro luogo d'incontro contaminato dai rifiuti di ciò che abbiamo consumato. Un giorno no, quel giorno no, niente musica e un gruppo scisso in due da un illogica divisione economica per la terza volta era inacettabile vista l'unione prodotta ed ancora incrementata quotidianamente. Allora fuori tutti. Tutti a riprenderci la libertà e a donarne anche un po' a chi ne è stato privato da molto tempo con un insensato coprifuoco imposto violentemente.




Tutti fuori in Durbar Square, un gruppone, una folla che si sposta, sorridente e festosa sulla vuota piazza schiarita dalla poca luce dei pochi lampioni che vi sono posti. Una folla cosmopolita, con provenienze e storie diverse ma per un istante un unica direzione, un'unica intenzione: lì di fronte a noi, vicinissima, con una lunga scalinata che ne divide la facciata, e un parcheggio di Richot ai sui piedi. Il tempio, si sale, c'è chi già lo presidia con la sua comoda seduta sugli ampi gradoni e chi ancora arriva dalla piazza in lontananza visibile nella penombra arancione dei lampioni al sodio ad alta pressione.




E tutto riprende, si riattiva, la musica, le risa, le urla, la birra.. tutto e con ancor più energia che attiva e stimola gli spiriti di questi viaggiatori a tirar fuori da se i loro lati migliori.
Si gioca e si dialoga, si condivide con persone di ogni estrazione, con ogni raro passante della notte stupefatto del nostro clamore, che va dai botti ai lotti, mentre favolose note improvvisate prodotte dall'ispirazione di quel sublime mopmento provengono da un sax e una fisarmonica.






Un'allegra ed amichevole friggitura di alcuni taxisti a pedali ed un viaggio breve per un rifornimento di bevande, un sacco stracolmo e di nuovo fuori, un cocchiere attende con la sua semplice carrozza per ritornare al luogo della festa con un rifornimendo di bevande per renderla ancor più lunga e un poco più molesta. Molesta come la voglia del ucraino di fare festa, la sua energia e la sua passione racchiuse nelle forti note che escono dal suo metallico strumento ed entrano nella testa di tutti i presenti, che vengono trasportati in un mondo che viene casualmente variato dall'altro strumento, che produce energia che si mescola con la prima per produrre lo stesso godimento.






Sguardi, occhi che penetrano nel colmo della notte e sempre più si avvicinano uno all'altro, sempre più si osservano, sempre più giocano ad entrare negli occhi altrui in questa rara situazione di libertà collettiva che permette di attingere all'energia altrui come all'acqua dalla riva di un fiume in piena, che il suo flusso non nega.
Una bellissima serata terminata (o quasi) con l'arrivo della solità rappresentazione dell'autorità dittatoriale nelle vesti di polizia che ci manda via in maniera sollecità con la semplice espressione "not allowed".




Evitando ulteriore ribellione all'istituzione ed alla tranquillità notturna alla quale è solita questa nazione il gruppo discese dal tempio del divertimento per ritornare sulla piazza di mattoni e poi nei vicolo per sederci su altri gradoni, lontani dagli occhi di eventuali guardoni, eventualmente in divisa che desiderano la nostra collettività divisa. Unione e gruppo che dura fino all'ultimo sconfitto solo dall'individuale sonno e desiderio di ritornare con se stessi per sistemare ed archiviare le così tante informazioni giunte in questo giorno così pieno di vita.