domenica 29 gennaio 2012

Rosso thè

28 - 01 - 2012

Il rosso intenso del sole, che filtra, all'alba, nell'aria tetra di Kathmandu, è lo stesso del mio thè, che filtra nei miei occhi, da una tazza sospesa dalle mie umane mani.
E' l'estasi del risveglio, del corpo e dei sensi, intorpiditi dalla notte, dal sonno e dal freddo. E' il ciclo della vita che ogni giorno rincomincia con un immenso agglomerato di colori e odori ma soprattutto suoni quali il tubare dei piccioni, il rombare dei veicoli a motore e lo scracciare degli uomini come sveglia.

giovedì 26 gennaio 2012

La sveglia nepalese

25 - 01 - 2012


Qui la sveglia la mattina, ancor prima del sole in faccia è l'ipotermia. Nonostante il clima montano e il freddo persistente a nessuno gli è venuto in mente d' inventare od importare una cosa chiamata riscaldamento, però di certo in una casa non può mancare il computer, il wireless ed il telefono cellulare, laddove l'elettricità c'è per 10 ore al giorno, arriva e se ne va senza preavviso, tutto questo non ha senso, ma in ogni caso mi fa venire un sorriso... e un brivido nella schiena a pensare come questo posto era, che come tutto il mondo la nostra civiltà ha rovinato, regalando effimeri desideri, squallidi sogni, a gente che vive in un altro mondo, con un mondo nel cuore e di questo consumismo non aveva bisogno.

Nascosto tra batuffoli di nuvole

20 - 01 - 2012


Mi risveglio in paradiso, o meglio, mi risveglio in un aereo che attraversa questi paradisiaci batuffoli di cotone, questa nuvolosa dolcezza che mi circonda e mi riempe il cuore di gioia, fino a invederlo completamente di questa gioia indiscussa quando l'aereo che trasporta il mio sogno penetras all'interno di questi batuffoli. e scende e scende... fino a far finire il sogno, farmi svegliare e rendermi conto che il paradiso non sono quei batuffoli di cotone, ma ciò che quelle nuvole dolcemente nascondono.




Eccolo il paradiso vero, questa immansa vallata, che si avvicina sempre più, che si schianta nei miei pensieri e conquista la mia vista, e pian piano si definisco sempre meglio, i campi, le strade, sporadici edifici, buffe ciminiere contornate di arrossato terreno, edifici sempre meno sporadici, realtà sempre più vicina ai miei piedi... ed ecco, contatto!, kathmandu, contatto con questa reltà troppo bella per essere vera, bellezza fatta della semplicità delle persone che la vivono, perchè la perfezione risiede spesso nella completezza della semplicità.













Dopo una breve esplorazione, un'altra esplorazione, un'ulteriore esplorazione.. torno al mio rifugio, un alberghetto semplice, che un occidentale forse riterrebe fatiscente, deficente nell'addempiere a tutte quelle che frivolezze che non servono e in realtà distruggono l'essere umano. Un piccolo imprevisto con una chiave rotta nella serratura mi fa pensare che sia il caso di farsi un bel giro in longboard e buttare giù lo stress accumulato in 36 ore di viaggio, ma soprattutto accumulato nei mesi precedenti alla partenza. Il giro in longboard dopo 10 minuti si tramuta in una chiacchierata con uno sconosciuto, cosa che succede spesso in questa paradisiaca città, ma non nei modi in cui si è svolto l'ultimo incontro e appena ritornato lo scrivo, lo descrivo, lo racconto, perchè è troppo bello e lasciare davvero troppe cose a cui pensare, troppe domande aperte, che non possono andare perdute, perchè di troppo valore per cui eccomi qui che ci provo rendere il valore di ciò che ho ricevuto.
Da un breve incontro, una presentazione e una panciata di parole, quel breve incontro si è trasformato con un particolare invito e in un consenso di esso.
Così mi ritrovo a camminare per sconosciute vie nel buio di una città quasi priva d'illuminazione illusoria, artificiale. Cammino, cammino, cammino, scambiando parole in inglese con il mio vicino di passeggiata andando verso il suo rifugio, una casa.. sconosciuta, abitata da sconosciuti, in vicoli sconosciuti adiacenti a vie sconosciute in una città sconosciuta. Il mistero della scoperta e allo stesso tempo la scoperta del mistero.. quando ci fermiamo e questo personaggio da poco incontrato apre una porticina in legno al pian terreno di un edificio e ci addentriamo nel buio pesto di una stanzetta in cui non penetra quasi luce, percorriamo questo lungo corridoio all'aperto, definito solo dai 2 muri perimetrali che lo stringono fino a condurlo, a condurci in una piccola casa.
Tante persone, in una stanza, tutti seduti su un letto (letto fatto di qualche coperta per impottire un tavolo di legno basso, perchè la possibilità di vedere un materasso pare un miraggio in questa stanza)ed un paio di sgabelli a ridere e chiacchierare banalmente, persone che con gioia accolgono me, questo ospite inaspettato e si presentano con nomi che nemmeno mai ho memorizzato perchè troppo concentrato sull'istante, sul momento, così unico.
Dopo qualche risata, qualche chiacchiera, la condivisione di diverse esperienze personali e territoriali, dopo un'oretta.. arriva la parte più bella, quando uno dei presenti incomincia un po' a raccontarsi, a raccontarmi la sua storia, che è sposato e ha prodotto una bimba e la parte bella è che afferma "sono di là, le vuoi vedere?". Dopo aver chiacchierato ancora un po', aver scoperto le età dei miei interlocutori che sono dai 18 ai 24, dopo aver scoperto anche il fatto che in nepal per la loro età è normale avere già mogli, figli e magari aver patito anche qualche disgrazia ad essi legata; la proposta si materializza. Si esce e si chiude la porta di una stanza aprendone un'altra, un'altra stanza piccola, di cemento nudo i pavimenti e i muri, come la stanza precedente. una decina di metri quadrati, come la stanza precedente, ma questa anche con una cucina rudimentale, una televisione ed un letto matrimoniale con una ragazza ed una dolcissima bambina che dormono abbracciate. Niente vetri alle finestre, niente riscaldamento in tutta la casa, in un luogo dove di questa stagione si scende anche sotto lo zero di temperatura. Quelle due persone che dormono benissimo, senza patire alcun brivido sono la moglie e la figlia del proprietario di casa. Che non si accorgono o non badano ad altre 3 persone di cui un perfetto sconosciuto, estraneo del tutto a quella realtà, le quali entrano dentro ad una stanza continuando nelle loro chiacchiere, come se quella fosse la normalità, come se la tolleranza in questa società di montagnini non conoscesse limiti.
Una fantastica serata, una fantastica esperienza conclusa con un piatto di riso e un bicchiere d'acqua offerti e volentieri da me acettati; dopodiche una passeggiata riflessiva in questa città spesso buia dei continui black-out per tornare al mio rifugio.


martedì 17 gennaio 2012

PRIMA POSTA

SA SA... 1 2 3... PROVA PROVA... funziona sto blog?
Se premetto che non sono un grande fan dei blog verrò cacciato subito? Non credo, sono solo un piccolo granello di polvere, che assieme agli altri fa il profitto di pochi furboni che ci fregano in ogni modo, anche donandoci precari spazi virtuali per esprimerci, giacché siamo già stati privati della possibilità di esprimerci negli spazi reali che ci circondano.





A parte la premessa, il test prova di questo blog, ho da scrivere: Buongiorno.
Il mio giorno di norma inizia presto e quando invece il sonno è abnorme e il risveglio si ritarda la frustrazione di una perdita mi assale. Oggi è un buon giorno, mi sono svegliato presto e sono pimpante nel preparare meticolosamente e senza fretta tutto ciò che mi servirà per molto tempo, nel poco tempo che mi rimane.




-2 giorni alla partenza, una partenza travagliata, ma non appena sarò oltre i confini di questo continente, potrò cercare di guardarmi indietro e finalmente comprendere obiettivamente quali cause mi hanno, infine, spinto a partire.. ad abbandonare questa società che si era resa detestabile ai miei occhi oppure semplicemente ho degli occhi impazziti che hanno imparato a detestarla, a detestarne la visione; ma la pazzia, dei miei cocchi è pur sempre causata dal mondo che sono stati costretti ad osservare, per cui perchè non dovrebbero provare astio per una società che ha materializzato le peggio visioni? Perchè non dovrei avere astio? Così me ne vado, in questa condizione di dubbio, per ricercare la comprensione globale.




Ho meditato sul fatto che la mia partenza potrebbe apparire una fuga agli occhi degli stolti, che osservano l'apparenza, che si distraggono dall'essenza. Sarebbe una fuga nel momento in cui io avessi la coscienza sporca, ma non ce l'ho. So di essere di buon animo e di avere un buon fine. Comprendo anche i miei errori: ho calpestato, distrutto, sporcato, inquinato tutto ciò che mi circondava come tutto ciò che mi circondava mi aveva insegnato a fare. Ho anche cercato di porre rimedio in un sistema in cui nessuno vuole porre un reale rimedio, rimanendo invisibile, come sempre, in un mondo d'invisibili.
In ogni caso si è sviluppata una situazione in cui ciò che si comprende di me potrebbe essere l'esatto opposto di ciò che ho espresso, di ciò che provo ad esprimere in ogni istante.


Ho maturato la prigionia del pensiero che si pensi che io possa aver rubato, che mi sia appropriato di ciò che non mi è stato dato, che abbia preso senza aver pagato.


Io, dell'invece, ne faccio la vece e contrappongo la realtà di aver restituito ciò che ho consumato, di aver saldato i debiti accumulati durante uno svezzamento ricevuto ma non desiderato, in quei modi ed in quei termini, perchè la noncuranza causa la malattia e quello era uno svezzamento malato.


Vera fatica, vero dolore, vero sangue, vero sudore.. veri oneri che soffocavano il mio essere ed i suoi pensieri, mi legavano agli averi frivoli e materiali, non reali di una realtà dei fatti, non materializzati negli spazi coibentati del mio io che si riflette in ciò che mi circonda determinando ciò che è mio.


Eliminati questi oneri soffocanti, questi limiti al mio respiro, limiti che mi sono creato io in un desiderio di infelicità, come strada da percorrere per l'alienazione da questa società.


Libero di creare, di produrre ibridi, dell'addendo che sono io moltiplicato per tutti gli addendi che incontro: singole unità, umane, che nel complesso formano l'umanità.


Ho prodotto, ho dato, tutto quel che potevo, mi sono anche svenato, non so se io sia riuscito, però non mi si dovrebbe puntare addosso alcun dito perchè per lo meno ci ho provato. Ho provato a migliorare, a migliorarmi e mi sono avvicinato, al mio io, a questo risultato. Se si presuppone che questo sia un reato allora sono colpevole, miseramente colpevole di averci provato, di non essermi fermato a constatare che nessuno prova, nessuno esperimenta: l'evoluzione ci ha abbandonati ed il progresso stenta.


Libero da preconcetti e da supposizioni  prendo, vado, parto, esco senza nemmeno commiserazioni.
Ora mai più accetto che mi venga, o anche solo mi possa venir detto che cosa dovrei fare, in una condizione illusoria che non mi si sa spiegare; che la mia condizione di autonomia sensoriale venga intaccata da una pretesa, misera e illusa, di voler alterare lo spazio che la circonda e dunque la tale.


Dal fronte del tetto d'europa devo discendere per decollare, volare e atterrare sul fronte del tetto del mondo; per ritrovarmi con gioia sperduto a scoprire tutto quello di nuovo di cui mi circondo, mi perdo ad esplorare ogni piccolo dettaglio, spingo la mia sensazione fino in fondo.


M








Video dei Uochi Toki
Un grazie a loro tutti, ma in particolare a Napo per la piacevole chiacchierata avuta ad Arona.
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